Il contrasto politico non giustifica le offese su Facebook, laddove queste valichino i limiti della continenza nel diritto di critica e laddove la natura politica venga impiegata come espediente per denigrare la vittima personalmente.

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Il contrasto politico non giustifica le offese su Facebook, laddove queste valichino i limiti della continenza nel diritto di critica e laddove la natura politica venga impiegata come espediente per denigrare la vittima personalmente.
Risponde del reato di atti persecutori ex art. 612 bis c.p. il soggetto che tormenta di messaggi su WhatsApp il fratello della vittima.
L’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un’indebita diffusione di dati personali e come tale é fonte di responsabilità civile.
La mancata consegna della merce acquistata online, integra il reato di truffa ex art. 640 c.p. laddove il venditore abbia carpito il consenso della persona offesa alla conclusione del contratto di compravendita con il fine ultimo di farsi corrispondere una somma in denaro, rendendosi poi definitivamente irreperibile.
Si configura la responsabilità in capo al blogger per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul suo sito da terzi quando, venutone a conoscenza, non provveda tempestivamente alla loro rimozione, atteso che tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell’altrui reputazione e consente l’ulteriore diffusione dei commenti diffamatoria.
In tema di prove, i fotogrammi scaricati dal sito internet “Google Earth”, costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell’art. 234, comma 1, c.p.p. o 189 c.p.p., in quanto rappresentano fatti, persone o cose, essendo ben diversa, ovviamente, la questione relativa alla valutazione del loro contenuto e alla corrispondenza al vero di quanto in essi rappresentato.
E’ consentito registrare le conversazioni con i colleghi, a loro insaputa, per difendersi in tribunale contro un licenziamento ritorsivo? La risposta della Suprema Corte pare essere affermativa, purché tale azione sia necessaria al lavoratore per tutelare la propria posizione in giudizio.