Quando un’emergenza sanitaria è affrontata con allarmismo e forte tensione scatta la caccia all’ “infettato”.
La gente, quella ancora sana, vuole conoscere la faccia degli untori per starne alla larga. La paura e l’istinto di sopravvivenza scavalcano con prepotenza i diritti fondamentali dell’uomo: chi avrà la meglio?
Privacy o Sicurezza: questo è il dilemma.

A seguito della delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 con la quale è stato dichiarato per sei mesi lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, il Capo del Dipartimento della protezione civile ha chiesto con urgenza il parere del Garante in ordine a una bozza di ordinanza (adottata poi il 3 febbraio 2020) contenente i primi interventi urgenti da porre in essere.
La questione sottoposta al Garante della Privacy riguardava la possibilità per i soggetti operanti nel Servizio nazionale di protezione civile di trattate dati personali allo scopo di assicurare la più efficace gestione dei flussi e dell’interscambio di dati, anche relativi agli artt. 9 e 10 GDPR, necessari per l’espletamento della funzione di soccorso e protezione civile.
Si chiedeva altresì il benestare dell’Authority in merito alla possibilità di comunicare e diffondere tali dati a soggetti pubblici e privati (diversi da quelli operanti nella protezione civile), laddove risultasse necessario ai fini dello svolgimento delle attività previste dall’ordinanza stessa.
Infine veniva specificato che, fatto salvo il rispetto dei principi di cui all’art. 5 GDPR, nel contesto della emergenza i soggetti operanti nel Servizio Nazionale di protezione civile, pur con riguardo alla esigenza di “contemperare la funzione di soccorso con quella afferente la salvaguardia della riservatezza degli interessati”, potevano conferire le autorizzazioni di cui all’art. 2-quaterdecies del nuovo Codice Privacy anche con modalità semplificate, ovvero oralmente.
Con provvedimento n. 15 del 2 Febbraio 2020 il Garante per la protezione dei dati personali, Dott. Antonello Soro, si è pronunciato in maniera favorevole sulla bozza di ordinanza sottopostagli, ritenendo le disposizioni contenute nell’ordinanza idonee a rispettare le garanzie previste dalla normativa in materia di protezione dei dati personali nel contesto di una situazione di emergenza.
Tuttavia ha intimato tutte le Amministrazioni, una volta scaduto il termine del dichiarato stato di emergenza (6 mesi), ad adottare tutte le misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell’emergenza all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali in capo a tali soggetti.

L’esigenza di contenere il contagio si traduce anche nella necessità di isolare le persone infette e conoscerne le relazioni sociali e gli spostamenti.
Per limitare il proliferare del virus pare necessario mettere in quarantena i soggetti contagiati e tutte le persone, che pur non avendo manifestato i sintomi tipici, abbiamo avuto “contatto” con loro. Ricostruire la catena sociale è una lotta contro il tempo, che richiede deroghe a quelle che sono le regole del vivere comune.
Per tale ragione nell’ottica di un bilanciamento tra sicurezza pubblica e riservatezza dell’interessato prevarrebbe la salvaguardia della salute dei consociati, come emerge dal provvedimento dello stesso Garante.
In tal senso l’art. 9 GDPR, che vieta il trattamento di categorie particolari di dati personali (ex dati sensibili), prevede al secondo comma lett i) una deroga al divieto quando il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero.
La diffusione dei dati sulle condizioni di salute si scontrerebbe inoltre con altri diritti costituzionalmente garantiti quali la libertà di espressione, il diritto di cronaca e di informazione.
In un contesto di emergenza l’informazione è essenziale, tuttavia il diritto di cronaca deve essere esercitato nel rispetto dell’essenzialità dell’informazione.
Quando sussiste un rilevante interesse pubblico alla notizia, come nel caso di specie, l’essenzialità può anche portare all’identificazione dei soggetti coinvolti o comunque fornire elementi tesi ad agevolare l’identificazione.
In ogni caso le informazioni fornite devono essere circoscritte e pertinenti all’effettivo interesse della comunità. Il confine è labile: quando si ricostruisce un fatto, occorre fare una attenta scrematura dei dettagli, tenendo in considerazione delle conseguenze che questa divulgazione potrebbe comportare ai soggetti menzionati ed alle loro famiglie.
Il Covid-19 (Coronavirus) sta mettendo in ginocchio diversi paesi in tutto il mondo ed ogni misura di contenimento, anche a discapito dei diritti del singolo, è essenziale affinché venga debellato il prima possibile.
VP