Pubblicare commenti offensivi su un blog integra il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma 3, c.p.
Un blogger milanese, è stato recentemente condannato dalla Corte di Appello del capoluogo lombardo per aver pubblicato alcuni messaggi denigratori sul proprio sito web. Tale sentenza veniva confermata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2929 del 22 Gennaio 2019.
I messaggi diffamatori riguardavano commenti fatti da terzi ad un articolo postato dal blogger sul proprio diario.
Il ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, preliminarmente sottolineava che “un blog è un diario virtuale, pubblicato su internet e periodicamente aggiornato dall’autore del sito, ove vengono pubblicati interventi dialoganti dei lettori, diretti ad esporre commenti e riflessioni e generalmente correlati agli interventi del blogger; solo in alcuni casi tali commenti sono filtrati, più spesso vengono immessi direttamente dai lettori senza intervento da parte del blogger.”. Per tali ragioni per consentire ai lettori di esprimere la propria opinione, non aveva ritenuto opportuno attivare filtri automatici di blocco di commenti o frasi ingiuriose, i quali venivano utilizzati solo in via eccezionale.
L’imputato dichiarava inoltre di aver effettuato accessi sporadici al blog che non gli avrebbero consentito di procedere tempestivamente alla rimozione delle frasi infamanti. Tuttavia, in contrasto con queste affermazioni, la Corte evidenziava come ai commenti in esame seguivano le numerose repliche – altrettanto polemiche – del blogger, che contribuivano a fomentare gli animi ed ad infiammare il dibattito.
Il titolare di un blog, anche in qualità di moderatore, deve coordinare le discussioni, smorzare i toni qualora inappropriati e provvedere alla rimozione dei commenti ritenuti sconvenienti. I giudici di secondo grado rilevavano infatti che l’imputato oltre ad aver preso parte attivamente alla conversazione virtuale, non aveva rimosso nessun post lasciandolo fruibile a tutti gli utenti.
Un altro aspetto erroneamente lamentato dal ricorrente riguardava l’applicazione della circostanza aggravante dell’aver commesso il reato a mezzo stampa. La difesa dell’imputato riteneva che tale aggravante era stata ravvisata in assenza di motivazione, nonostante fosse stata oggetto di specifico motivo di appello presentato dalla stessa difesa, e che il blog “non poteva essere giuridicamente equiparato alla stampa”.
Sul punto, la Cassazione rilevava l’equivoco in cui era incorso il ricorrente. Difatti il giudice di prime cure si era espresso proprio in tal senso escludendo l’equiparazione del blog all’attività di stampa e negando una responsabilità dell’autore del blog equiparabile a quella propria del direttore responsabile ex art. 57 c.p.
I Giudici avevano evidenziato che i messaggi diffamatori si erano perpetrati mediante la rete internet e che tale mezzo era da considerarsi, a tutti gli effetti, uno strumento di pubblicità quindi riconducibile alla seconda delle tre circostanze aggravanti previste all’art. 595 c.p., 3° comma.
Infatti, il reato di diffamazione può realizzarsi nella forma aggravante quando la sua condotta viene posta in essere a mezzo stampa, mediante altri sistemi di pubblicità ovvero in atto pubblico.
La scriminante risiede perciò nel mezzo che si adopera. La diffamazione sui i blog, come i social network e la rete internet in generale, può potenzialmente raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di utenti.
Per approfondimenti leggi anche Diffamazione su Facebook: necessaria la verifica dell’indirizzo IP (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 5352/2018)
La Suprema Corte fornisce inoltre la definizione di Blog ovvero: “Si tratta di un particolare tipo di sito web in cui i contenuti vengono visualizzati in forma anti-cronologica (dal più recente al più lontano nel tempo), in genere gestito da uno o più blogger, che pubblicano, più o meno periodicamente, contenuti multimediali, in forma testuale o in forma di post, concetto assimilabile o avvicinabile a un articolo di giornale.”
La differenza sostanziale con la stampa consiste nel fatto che il blog non è destinato ad un’attività di informazione professionale diretta al pubblico. Questo orientamento emerge anche in una recente pronuncia dell Corte di Cassazione su una vicenda analoga di diffamazione avvenuta su Facebook (Cass. pen., sez. V. sent. n. 4873 dell’1 Febbraio 2017).
In conclusione, il Blogger è ritenuto responsabile di tutto ciò che avviene sul suo diario e risponderà del reato di diffamazione aggravata in concorso con gli utenti autori dei commenti postati sui suoi articoli, qualora contribuisca al dibattito e non provveda a rimuovere le ingiurie pubblicate da terzi.
VP