Facebook: Vice commissario di polizia penitenziaria sospeso dal servizio per un like (TAR Lombardia, sent. n. 2365/2020)

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Mettere like alla notizia del suicidio di un detenuto può giustificare la sospensione dal lavoro. E’ di questo avviso il TAR della Lombardia che con la sentenza n. 2365/2020 ha ritenuto legittima la sanzione disciplinare disposta nei confronti di un Vice Commissario della Polizia penitenziaria.

La vicenda

Un Vice Commissario ordinario appartenente al Corpo di Polizia penitenziaria veniva sanzionato con la sospensione dal servizio per la durata di un mese, per aver messo un “mi piace” ad un post su Facebook riportante la notizia del suicidio di un detenuto avvenuto nella Casa di reclusione di Milano-Opera, dove prestava servizio.

A tale apparentemente innocua azione sui social facevano seguito una serie di commenti negativi da parte di altri colleghi e tutto ciò riceveva una importante risonanza mediatica

Il presupposto del procedimento disciplinare avviato nei confronti del Vice Commissario era la presunta violazione da parte del ricorrente dell’impegno morale assunto con il giuramento nonché dei doveri degli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria.

Il ricorrente impugnava quindi il decreto adottato dal Capo del Dipartimento Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 449 del 1992, con il quale gli era stata irrogata la sanzione – unitamente alla deliberazione adottata dal Consiglio Centrale di Disciplina – chiedendone l’annullamento.

La decisione del TAR

La sezione terza del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia con la sentenza n. 2365/2020 rigetta il ricorso ritenendolo infondato.

Il Giudice precisa che il commento del ricorrente è stato il fattore scatenante dei commenti a catena di altri utenti, poiché avvenuto in una fase temporale anteriore rispetto agli altri.

In altri termini il “mi piace” del Vice Commissario  essendo stato il primo in ordine cronologico avrebbe in qualche modo dato il via ad una cascata di commenti carichi di disprezzo nei confronti della persona che aveva perso la vita in carcere.

Inoltre, sebbene non si sia trattato di un commento realizzato mediante parole ma attraverso un simbolo (il like), la sanzione irrogata al ricorrente sarebbe legata, più che alla gravità della condotta del predetto, al clamore mediatico suscitato dalla vicenda, alla sua veste di rappresentante sindacale e alla posizione di gestore della pagina Facebook riferibile all’organizzazione sindacale di appartenenza.

Dalla lettura del provvedimento adottato dal Consiglio centrale di disciplina e del conseguente decreto di irrogazione della sanzione si evince infatti che:

Il ricorrente è stato sanzionato per aver posto un commento “mi piace” (like) ad una notizia relativa alla morte di un detenuto, ritenuta dall’Amministrazione manifestazione di disprezzo della vita, dell’incolumità e della salute delle persone detenute, in violazione dei doveri degli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria.

Secondo il ricorrente l’Amministrazione avrebbe attribuito una interpretazione al like difforme rispetto alle sue reali intenzioni, poiché, a suo dire, non avrebbe potuto di certo riferirla al solo aspetto della morte del detenuto, ma anche all’intervento della Polizia penitenziaria successivo, teso ad evitare l’evento infausto

Il Tribunale, richiamando una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. pen., sent. 55218/2017), sottolinea invece che il like (“mi piace”) rappresenta infatti una inequivoca manifestazione di approvazione o compiacimento per l’evento infausto accaduto.

E’ infatti da escludersi che l’inserimento del commento “mi piace” costituirebbe soltanto una manifestazione di interesse per la notizia, poiché come precisato dagli ermellini:

l’opzione “mi piace” ha una portata amplificatrice e di condivisione del contenuto veicolato sui social network.

Ciò detto, nonostante il tentativo del ricorrente di sostenere che la sua approvazione non fosse indirizzata al suicidio del detenuto, il giudice – tenuto conto del tenore complessivo della notizia e della consapevolezza del vice commissario del significato del like postato – ha ritenuto che il commento fosse da riferire al tragico evento verificatosi e quindi finalizzato ad esprimere approvazione per quanto avvenuto.

Per il Tar Lombardia, un like dato ad una notizia di tale portata viola altresì i doveri gravanti su chi svolge una funzione pubblica

La valutazione della gravità dei fatti addebitati al pubblico dipendente svolta dalla Amministrazione per l’applicazione della sanzione disciplinare appare quindi ragionevole e coerente. 

Infine, occorre aggiungere che diversi sono stati i fattori che hanno contribuito al convincimento degli organismi disciplinari in ordine al significato del commento in questione.

Si è infatti comprensibilmente tenuto conto anche del fatto che il Vice Commissario all’epoca dei fatti fosse amministratore della pagina internet e, ciononostante, non si fosse dissociato rispetto ai commenti successivi di contenuto altamente denigratorio e offensivo.

Oltre a ciò, il provvedimento disciplinare ha dovuto tenere in considerazione anche del discredito che ne è derivato per l’Amministrazione per l’impatto mediatico che tale evento ha avuto.

Conclusione

Alla luce di quanto premesso, la sanzione disposta nei confronti del Vice commissario appare logica, ragionevole e proporzionata al suo comportamento, da ritenersi particolarmente disdicevole.

Il ricorrente, rivestendo un ruolo apicale all’interno dell’ordinamento gerarchico del Corpo di Polizia penitenziaria ed in qualità di dipendente pubblico, con tale grave condotta ha disatteso fortemente i doveri connessi al proprio status nonché quelli attinenti al giuramento prestato, al senso di responsabilità e al contegno che ogni appartenente alla Polizia penitenziaria deve tenere in qualsiasi circostanza.

In conclusione, secondo il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

Il comportamento del ricorrente è stato quindi ritenuto contrario al rispetto della dignità della persona umana e di quella dei soggetti detenuti, in favore dei quali un funzionario del Corpo di Polizia penitenziaria dovrebbe avere un ruolo attivo nel percorso di rieducazione, ed é stato valutato come contrastante con il giuramento e i doveri degli appartenenti al predetto Corpo, che anche fuori dal servizio sono tenuti ad osservare una condotta conforme alla dignità delle proprie funzioni, come richiesto anche dall’art. 54 della Costituzione a tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche.

VP

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