Gli Hashtag della trasparenza: quando devono essere impiegati e che funzione hanno

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Che il mondo della pubblicità sia cambiato è sotto gli occhi di tutti. Nell’era del digitale, i social media si sono rivelati un formidabile strumento per raggiungere nell’immediato un vastissimo pubblico di potenziali acquirenti.
La comunicazione dei grandi brand si realizza prevalentemente in rete e questo trend ha dato vita al fenomeno dell’Influencer Marketing.

L’influencer marketing consiste nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat) di foto, video e commenti da parte di “blogger” e “influencer” (ovvero di personaggi di riferimento del mondo online, con un numero elevato di followers), che mostrano sostegno o approvazione (cd. endorsement) per determinati brand, generando un effetto pubblicitario.

L’attitudine degli influencer di influenzare e dirottare le abitudini di acquisto dei propri seguaci ha portato ad una notevole crescita degli investimenti nell’ “online advertising”.

La finalità è quella di trasferire la credibilità e la visibilità acquisita nel tempo dall’Influencer sul bene che sponsorizza.

Avere i propri brand, prodotti o servizi accreditati da personaggi noti e “talent” appartenenti al mondo dello spettacolo o dello sport rappresenta per un inserzionista uno strumento molto efficace da impiegare per la promozione online, in quanto il coinvolgimento diretto di personaggi noti è capace di generare nei consumatori maggiore fiducia e apprezzamento.

[Leggi anche: Influencer Marketing: quale contratto applicare]

Il quadro normativo

La materia della pubblicità gode di tutela normativa su più fronti: dal Codice del Consumo (D. lgs. n. 206/ 2005), dal  D.lgs. n. 145 del 2007 e, naturalmente, dal Codice civile in materia di concorrenza sleale (art. 2598 c.c.).

Tuttavia, fino a poco tempo fa, l’utente rimaneva all’oscuro dei rapporti commerciali sussistenti tra il testimonial e azienda. Difatti, il marketing occulto si celava dietro condivisioni autonome e indifferenti di momenti di vita quotidiana del personaggio noto.

Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (C.A.), all’art. 7, prevede che: La comunicazione commerciale deve sempre essere riconoscibile come tale. Nei mezzi e nelle forme di comunicazione commerciale in cui vengono diffusi contenuti e informazioni di altro genere, la comunicazione commerciale deve essere nettamente distinta per mezzo di idonei accorgimenti. Per quanto riguarda talune forme di comunicazione commerciale diffuse attraverso internet, i principali idonei accorgimenti sono indicati nel Regolamento Digital Chart.”

Il C.A. raccoglie le best practices da rispettare per la realizzazione di messaggi corretti ma per una sua adeguata applicazione, dovuta alla nuove forme di comunicazione commerciale realizzate grazie alla tecnologia digitale, si ricorre alla Digital Chart che ne è parte integrante.

L’obiettivo di questo regolamento Digital Chart è quello di svolgere una ricognizione sulle più diffuse forme di comunicazione commerciale nella rete e nel mondo digitale in genere, e di fissare criteri per la riconoscibilità della comunicazione commerciale nel rispetto dell’art. 7 del C.A.

Questo è infatti un profilo fondamentale al fine di preservare quel rapporto fiduciario che deve sempre esistere tra inserzionisti e utenti del web perché la stessa comunicazione sia efficace.

Il C.A. non indica modalità obbligatorie per segnalare agli utenti il fine promozionale del contenuto espresso, tuttavia, secondo la Digital Chart, gli influencer, per rendere riconoscibile la natura promozionale dei contenuti postati sui social media, devono inserire in modo ben distinguibile nella parte iniziale del post la dicitura:

“Pubblicità/Advertising”, o “Promosso da …brand/Promoted by…brand” o “Sponsorizzato da…brand/Sponsored by…brand” o “in collaborazione con…brand”o “in partnership with…brand”.

Inoltre entro i primi tre hashtag una delle seguenti diciture: “#Pubblicità/#Advertising”, o “#Sponsorizzato da …brand/#Sponsored by…brand” o “#ad” unitamente a “#brand”.

Questi hashtag, conosciuti anche “hashtag della trasparenza”, assolvono egregiamente la funzione di informare ed avvertire l’utente che un determinato contenuto digitale è realizzato per finalità promozionali.

Nel diverso caso in cui il rapporto fra influencer ed inserzionista si limiti all’invio occasionale da parte dell’inserzionista dei propri prodotti gratuitamente o per un modico valore, e la l’influencer citi, li utilizzi o li mostri nei propri post, in questi ultimi non dovranno essere inserite le avvertenze di cui sopra, ma soltanto un disclaimer ben leggibile, ad es. del seguente tenore: “prodotto inviato da…brand”.

Gli hashtag più utilizzati

Non esiste un elenco esaustivo degli hashtag impiegati per adempiere all’obbligo di trasparenza. Quelli più utilizzati sono i seguenti:

  • #ADV o #AD o #ADVERTISING o #SPONSORED o #PROMOTED: (“sponsorizzato, pubblicizzato”) sussiste un accordo commerciale nel quale un brand paga un influencer per pubblicizzare un proprio bene/servizio.
  • #SUPPLIEDBY: (“fornito da”), l’influencer sta ricevendo dei servizi o delle esperienze gratuitamente, in cambio di visibilità in post o stories dell’azienda.
  • #GIFTEDBY: (“regalato da”), l’influencer riceve in regalo un prodotto che può decidere se mostrare o meno ai propri seguaci.

A questi, naturalmente, se ne aggiungo tanti altri sempre con la medesima finalità, per citarne qualcuno #partnership, #incollaborazionecon, #sponsorizzato, #pubblicità, #inserzioneapagamento, #prodottofornitoda.

L’utilizzo degli hashtag da parte di coloro che ne hanno fatto un mestiere non è mai una scelta casuale e generalmente anche la scelta dell’hashtag è oggetto di contratto tra le parti.

In quest’ottica i Brand devono indicare le regole di comportamento a cui l’Influencer deve attenersi (incluse le avvertenze da inserire nei post o nelle storie) e che andranno a costituire parte integrante di ogni accordo di collaborazione commerciale.

Sarà necessario indicare anche le conseguenze configurabili in caso di trasgressione da parte dell’Influencer di una di tali regole, in funzione della natura e del valore del contratto.

In particolare, gli influencer, quali professionisti, devono sottostare al codice del consumo, pertanto, l’omissione dell’intento commerciale della pratica è da considerarsi ingannevole qualora questi non risulti già evidente dal contesto nonché quando ciò induca o sia idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (art. 22 Codice del Consumo), così come la realizzazione di tutte le pratiche commerciali individuate all’art. 23 Codice del Consumo.

Come tutelarsi

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che svolge il compito di vigilare sulla corretta applicazione delle norme in materia di tutela dei consumatori, continua a prestare grande attenzione al fenomeno dell’influencer marketing sui social media ed è intervenuta più volte con lettere di moral suasion richiamando gli influencer e i titolari dei marchi utilizzati dagli stessi al rispetto delle norme, esprimendo la necessità di rendere i consumatori consci di trovarsi in presenza di un vero e proprio messaggio pubblicitario, e non di fronte ad una condivisione disinteressata e spontanea dell’Influencer.

L’AGCM ha, altresì, il potere di reprimere le violazioni del d.lgs. 145 del 2007 in materia di pubblicità ingannevole. Sia il Codice del Consumo, che il suddetto decreto prevedono, inoltre, la possibilità di rivolgersi anche ad organismi volontari e autonomi di disciplina.

Infatti, l’art. 36 C.A. prevede che: “Chiunque ritenga di subire pregiudizio da attività di comunicazione commerciale contrarie al Codice di Autodisciplina può richiedere l’intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso in una qualsiasi delle forme indicate nelle Norme Preliminari e Generali, abbia compiuto le attività ritenute pregiudizievoli … I singoli consumatori, come le loro associazioni, possono gratuitamente segnalare al Comitato di Controllo la comunicazione commerciale ritenuta non conforme alle norme del Codice di Autodisciplina che tutelano gli interessi generali del pubblico.”

L’adesione all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), accettando, dunque, di rispettare il relativo Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (C.A.) è vincolante per le aziende che investono in comunicazione e mezzi di diffusione, nonché per coloro che lo abbiano sottoscritto attraverso la propria associazione, o mediante la conclusione di un contratto di inserzione pubblicitaria.

E’ di tutta evidenza che le competenze ed i poteri dell’AGCM sono differenti da quelli attribuiti allo IAP, quest’ultimo può bloccare la campagna pubblicitaria ed ordinare la pubblicazione della pronuncia attraverso gli organi di informazione indicati dal Giurì mentre l’Antitrust può anche irrogare sanzioni pecuniarie.

VP

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