“In tema di prove, i fotogrammi scaricati dal sito internet “Google Earth”, costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell’art. 234, comma 1, c.p.p. o dell’art. 189 c.p.p., in quanto rappresentano fatti, persone o cose, essendo ben diversa, ovviamente, la questione relativa alla valutazione del loro contenuto e alla corrispondenza al vero di quanto in essi rappresentato”. Questo è quanto chiarito dalla sezione III penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 39087/2022.
Sommario
La vicenda
Un uomo veniva indagato per il reato di “Attività edificatoria in totale difformità o in assenza di permesso di costruire”, di cui all’art. 44 Lett. b) D.P.R. 380/2001 e per tale ragione veniva ordinato il sequestro preventivo del manufatto abusivo.
Avverso il provvedimento con il quale veniva disposta la misura cautelare l’uomo proponeva ricorso per Cassazione.
In particolare, il difensore del ricorrente oltre a sottolineare l’insussistenza delle esigenze cautelari a fondamento dell’ingiustificato sequestro, riteneva che il reato contestato al suo assistito fosse già prescritto.
L’indagato, infatti, affermava di aver realizzato ed ultimato l’immobile abusivo in un periodo antecedente al 2020 e pertanto il reato era passibile di essere estinto per prescrizione.
Il Tribunale, di converso, aveva rimandato ad una fase successiva l’accertamento circa l’epoca di consumazione dei reati, formando il proprio convincimento, anche, su alcuni rilevamenti tratti da Google Earth.
Tuttavia, tali fotogrammi, secondo il ricorrente, non potevano essere in alcun modo paragonabili a dei rilievi aerofotogrammetrici e per tale motivo non potevano fare ingresso nel processo come prove documentali.
Concludeva la difesa invocando il principio del favor rei, in forza del quale il Tribunale avrebbe dovuto orientarsi per l’insussistenza del reato per prescrizione, ben potendo i manufatti in esame avere trovato esecuzione nel 2016, risalendo a tale epoca l’ultimo rilievo effettuato dall’Amministrazione comunale.
La decisione della Suprema Corte
Con la sentenza n. 39087/2022 la sezione III penale della Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
In punto alla seconda doglianza lamentata dal ricorrente la Suprema Corte affermava che, non avendo l’indagato offerto nessuna allegazione contraria, non potevano ritenersi sussistenti i profili di incertezza, evocati dalla difesa, sulla ultimazione delle opere.
A tal proposito, il consulente del P.M., dopo aver visionato le immagini tratte dal programma Google Earth Pro, aveva evidenziato che l’ampliamento abusivo dell’immobile era assente alla data del 20 luglio 2018 mentre emergeva dai fotogrammi del 20 giugno 2020.
Peraltro, a sostegno di tale circostanza vi erano anche due documenti ulteriori:
- la CILA presentata il 22 marzo 2019 dal quale risultava che l’immobile era ancora nello stato originario nonché
- la lettera di dimissioni del Direttore dei lavori del 16 novembre 2020, presente nella pratica edilizia, nella quale quest’ultimo dichiarava di lasciare il suo incarico per alcune “difformità” da lui riscontrate rispetto al titolo abilitativo.
Da ciò ne discendeva, evidentemente, che gli interventi edilizi abusivi dovevano necessariamente essere successivi alla comunicazione di inizio lavori di marzo 2019.
Ciò chiarito, la Suprema Corte specificava inoltre che i rilievi di Google Earth avevano rappresentato solo uno degli elementi di complessiva valutazione del Tribunale.
In conclusione
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione precisa, ancora una volta, che “in tema di prove i fotogrammi scaricati dal sito internet “Google Earth”, costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell’art. 234, comma 1, c.p.p. o 189 c.p.p., in quanto rappresentano fatti, persone o cose, essendo ben diversa, ovviamente, la questione relativa alla valutazione del loro contenuto e alla corrispondenza al vero di quanto in essi rappresentato”.
VP