Prima di analizzare i contratti che riguardano la fornitura di software, in particolare quello di licenza d’uso, appare utile fornire una definizione del termine “software”.
Per software si intende un programma utilizzato per il funzionamento di computer e dispositivi correlati; sotto il profilo giuridico, costituisce un bene immateriale tutelato come opera dell’ingegno al quale sarà applicabile quindi la disciplina dettata dalla Legge sul diritto d’autore (in seguito anche “L.d.a.”), n. 633/941, successivamente modificata dal D. lgs. n. 518/1992.
La Legge attribuisce al titolare diritti esclusivi, tra cui quelli di effettuare o autorizzare la riproduzione del programma, la sua modifica nonché qualsiasi forma di distribuzione al pubblico (art. 64-bis L.d.a.).
In ogni caso il software, al pari delle altre opere dell’ingegno, è tutelato solo se originale e creativo rispetto a programmi precedenti.
I diritti di utilizzo del software sono trasferibili e la trasmissibilità dovrà essere provata per iscritto. Per tale ragione i contratti che trasferiscono i diritti sul software dovranno avere necessariamente il requisito della forma scritta ad probationem.
La licenza d’uso di software è un contratto con cui un soggetto (Licenziante/autore/software house) concede ad un altro (Licenziatario) l’utilizzo di un programma verso un corrispettivo, di solito periodico. Questo negozio viene utilizzato per la distribuzione di software pacchettizzati e standard, cioè progettati e sviluppati per l’utenza generica.
Proprio quest’ultimo aspetto consente di individuare la distinzione con il contratto di sviluppo di software, nel quale lo sviluppatore realizza un programma per le specifiche esigenze di un committente.
Le licenze software sono generalmente contratti per adesione. Il contratto viene redatto dal licenziante e così dovrà essere accettato dal licenziatario, senza trattative. A tal fine la software house sarà tenuta a formulare clausole negoziali precise e chiare, ai sensi dell’art. 1341 c.c..
I diritti del licenziante e del licenziatario
E’ importante precisare quelli che sono i diritti trasferiti con la licenza del software e quelli che invece il licenziante si riserva. Nel contratto in esame infatti non c’è un trasferimento dell’intera totalità dei diritti patrimoniali sul programma informatico, ma solo di alcuni di questi.
In particolare, il licenziatario potrà utilizzare il software per il solo scopo previsto dal contratto di licenza mentre il distributore del software manterrà la titolarità del codice sorgente e il diritto di distribuire il programma ad altri clienti.
Non si può invece impedire al licenziatario di effettuare la c.d. copia di back-up, né si può impedire la decompilazione del programma al solo fine di garantirne l’interoperabilità. Eventuali clausole contrarie sono nulle.
Nel contratto di cui si tratta è possibile anche porre dei limiti alle riproduzioni consentite del programma, come al numero di macchine in cui il software potrà essere installato e utilizzato.
In conformità alla destinazione d’uso il licenziatario potrà apportare delle modifiche al programma necessarie per il suo utilizzo, salvi accordi contrattuali differenti.
Infine, per il licenziatario sarà vietata la vendita della licenza a terzi nonché la distribuzione del programma oggetto di contratto.
La qualificazione giuridica
Non esiste una normativa specifica che colloca il contratto di licenza d’uso di software in una tipologia contrattuale piuttosto che un’altra.
La dottrina prevalente lo inquadra nello schema del contratto di locazione in quanto il titolare del software concede al licenziatario il semplice godimento del bene. Un orientamento minoritario ritiene invece che la licenza d’uso può essere concessa anche a tempo indeterminato ed in questo caso si possa considerare un vero e proprio contratto di vendita di copia del programma.
La licenza d’uso del software pertanto rientra nei contratti atipici ed in base a come verranno redatte le condizioni contrattuali si avvicinerà al modello della vendita piuttosto che a quello della locazione, con effetti diversi in funzione del principio dell’esaurimento.
Secondo tale principio, una volta messo in commercio un bene nel territorio dell’Unione europea, il titolare di uno o più diritti di proprietà industriale su quel bene specifico perde le relative facoltà di privativa.
Il principio dell’esaurimento è un principio di ordine pubblico, pertanto le parti non possono derogarvi e/o escludere contrattualmente la facoltà per il licenziatario di rivendere il software (non si estende però al diritto di noleggio del software stesso, a meno che il contratto di licenza non lo preveda espressamente).
Tale principio sarà applicabile unicamente alle licenze d’uso concesse “senza limitazione di durata” perché in tal caso saranno assimilabili al contratto di compravendita e non vi è alcun dubbio che l’acquirente possa rivendere a sua volta il programma acquistato.
E’ vero che i diritti di sfruttamento economico dell’opera software, compreso il diritto di distribuzione, non vengono trasferiti, tuttavia, in base al principio dell’esaurimento, la prima vendita di una copia del programma nella Comunità Europea esaurisce il diritto di distribuzione.
La responsabilità del fornitore e il regime delle garanzie
La qualificazione del contratto di licenza d’uso comporta notevoli riflessi sul regime della responsabilità del fornitore e delle garanzie contrattuali.
Il distributore del software sarà responsabile limitatamente ai danni diretti, derivanti dalla interruzione dell’attività o del programma, per un importo non superiore al corrispettivo pagato per il contratto di licenza; mentre si esclude un risarcimento per i danni indiretti.
In ogni caso le clausole di limitazione della responsabilità trovano un limite nel Codice Civile, che dichiara nullo ogni patto che escluda la responsabilità contrattuale per dolo o colpa grave.
Nel caso in cui il licenziatario sia un consumatore, ovvero una persona fisica che acquista il software per scopi estranei alla sua professione, tutte quelle clausole che escludono o limitano le azioni ed i diritti del consumatore sono da ritenersi presuntivamente vessatorie e perciò nulle, in applicazione delle norme previste nel Codice del Consumo (D. Lgs n. 206/2005).
In tema di garanzia sul bene, i contratti di licenza d’uso generalmente derogano le norme del Codice civile.
Le parti possono convenire clausole contrattuali che limitano l’efficacia temporale della garanzia a periodi molto brevi, tali clausole saranno inefficaci in presenza di malafede del licenziante o in presenza di vizi dipendano da dolo o colpa grave.
Il licenziante deve offrire garanzie circa il corretto funzionamento del software, la sua responsabilità solitamente è limitata ai soli casi di un suo corretto utilizzo. Deve inoltre offrire garanzie contro tutte le eventuali rivendicazioni di terzi sul software.
Sono frequenti le controversie tra fornitore e utilizzatore in merito al corretto funzionamento dei programmi, trattandosi come si è detto di beni immateriali complessi, sarà quindi indispensabile una preventiva analisi delle condizioni contrattuali in relazione al caso concreto e quindi alle effettive esigenze del licenziatario.
VP