Il marchio svolge un ruolo fondamentale per una impresa, in termini di riconoscibilità, da parte del consumatore e del pubblico in generale, in modo univoco delle sue attività nonché dei prodotti e dei servizi che offre.
Il marchio rappresenta quindi l’azienda e si riflette anche sul suo successo commerciale.
In quest’ottica riveste una funzione chiave la registrazione del marchio al fine di tutelare tale asset immateriale. Ma cosa succede se una azienda decide di non registrare il proprio marchio? Il titolare di un marchio non registrato è completamente privo di tutele?
Per rispondere a questi quesiti occorre dapprima comprendere le differenze tra il marchio di fatto ed il marchio registrato.

Sommario
Marchio di fatto e Marchio registrato
Il marchio di fatto altro non é che un segno distintivo, impiegato da una azienda per commercializzare i propri prodotti e/o servizi, che non è stato registrato.
E’ opinione comune che anche il marchio non registrato debba possedere i requisiti di legittimità richiesti ai fini della registrabilità del marchio, ovvero novità, liceità e capacità distintiva.
Non solo, al pari di un marchio registrato, anche il marchio di fatto può essere ceduto o dato in licenza.
Va da sé che per la valutazione economica, in tale ipotesi dovrà tenersi in considerazione che si tratti di un marchio di fatto e non di uno registrato.
E’ bene precisare che, sebbene la registrazione offra certamente dei vantaggi in termini di tutela, questo adempimento non rappresenta un obbligo in capo al titolare, il quale può scegliere liberamente di non gravare il proprio budget di impresa con costi ed investimenti aggiuntivi, nonostante siano evidentemente contenuti.
Inoltre, per quanto un marchio registrato goda di tutele piuttosto ampie, anche un marchio di fatto non ne è del tutto sprovvisto.
Con la registrazione del marchio di impresa, il titolare gode di una presunzione assoluta di titolarità del diritto e di una protezione estesa a tutto il territorio nazionale (o europeo o internazionale, a seconda del tipo di registrazione).
In particolare, ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs 30/2005 (Codice di proprietà industriale, in seguito anche C.p.i.) rubricato “Diritti conferiti dalla registrazione” il titolare del marchio registrato ha la facoltà di farne uso esclusivo nonché di vietarne l’uso ai terzi nell’ambito dell’attività economica.
Nell’ambito applicativo della suddetta disposizione normativa non rientra il marchio di fatto, per il quale – purché abbia carattere distintivo e possieda i requisiti essenziali della novità ed originalità propri di quello registrato – per ricevere adeguata protezione si dovrà invocare l’art. 12, comma 1, C.p.i. e si dovrà dimostrarne, nei limiti territoriali nei quali viene utilizzato, il “pre-uso”, disciplinato dall’art. 2571 c.c.
Queste norme disciplinano, già precisamente, le ipotesi in cui un marchio di fatto possa interferire con un marchio registrato uguale o simile.
Invero, il C.p.i. vieta la registrazione come marchio d’impresa di segni che alla data del deposito della domanda siano identici o simili ad un segno già noto come marchio, da intendersi sia il marchio che è venuto ad esistenza tramite l’uso, sia quello che è stato registrato.
Il pre-uso del marchio
L’art. 2571 c.c. prevede che:
“Chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se ne è valso”.
Nel Codice di Proprietà Industriale, all’art. 12, sono individuati i limiti del preuso di un marchio, in particolare con la distinzione tra marchio usato solo localmente e marchio usato con notorietà generale.
In quest’ultimo caso, un marchio con notorietà generale priva del requisito di novità il marchio identico o simile che sia registrato successivamente per prodotti/servizi identici o affini.
Alla luce di ciò il titolare di tale marchio di fatto, che intenda contestare la registrazione di marchi successivi, dovrà essere in grado di dimostrare un utilizzo nella prassi preventivo, tanto esteso da aver ottenuto la notorietà del segno a livello nazionale.
Tale marchio dovrà quindi risultare immediatamente riconoscibile al pubblico di riferimento.
A tal uopo occorre precisare che la prova dell’uso su scala nazionale non è facilmente praticabile e rappresenta lo scoglio più grosso al ricorso a questo strumento di tutela.
Peraltro, quando il materiale probatorio è in grado di provare un uso prettamente locale, il titolare potrà certamente continuare ad usare il marchio ma solo nei limiti territoriali senza peraltro poter impedire la registrazione di marchi identici a terzi.
Difatti, nell’ipotesi in cui l’utilizzo del marchio sia avvenuto solo a livello locale – o che comunque goda di una notorietà puramente locale (es. provinciale, regionale, etc.) – non può privare del requisito di novità un marchio posteriore identico o simile, pur conservando appunto il diritto di continuare ad usarlo nei limiti in cui anteriormente se ne è valso.
In altri termini, per l’impiego in ambito locale il titolare non potrà promuovere una azione per fare dichiarare la nullità del marchio posteriormente registrato ed impedirne così l’utilizzo a terzi.
Anche in questo caso poi, il preuso dovrà essere dimostrabile ed effettivo, non sporadico o saltuario, da parte del titolare, con la evidente preclusione in capo a quest’ultimo di tutte le attività che comportino un ampliamento (territoriale) dell’utilizzazione del proprio marchio.
Conclusione
Ciò detto, la registrazione di un marchio consente al titolare di disporre in modo esclusivo del marchio registrato (ex art. 2569 c.c.), fatta tuttavia eccezione che per il diritto di preuso di terzi.
Pertanto per far valere il diritto di anteriorità di un marchio di fatto è necessario provare l’eventuale notorietà a livello nazionale o, quantomeno, il suo uso effettivo all’interno di un determinato ambito territoriale.
In questo senso una recente pronuncia della Corte di Cassazione:
“..Il preuso di un marchio di fatto comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato da terzi, venendo a mancare, in tal caso, il requisito della novità; ne consegue che il preutente può avvalersi del menzionato diritto di esclusiva, che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, ottenendo la dichiarazione di nullità della registrazione altrui, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti”. (Cass. Civ, sent. n. 14925/2019).
In considerazione di quanto premesso e delle problematiche connesse alla prova dell’utilizzo, appare evidente che la registrazione del marchio rimane la scelta più sicura e che offre più garanzie per tutte quelle imprese che intendano operare sul mercato non solo su territorio italiano, ma anche oltre i confini nazionali.
VP