Per profilazione si intendono tutte quelle attività mediante le quali si raccolgono ed elaborano dati personali degli utenti di un determinato servizio, finalizzate alla personalizzazione del servizio stesso.
Il GDPR ne fornisce una definizione all’art. 4: “Qualsiasi forma di trattamento automatizzato di dati personali consistente nell’utilizzo di tali dati personali per valutare determinati aspetti personali relativi a una persona fisica, in particolare per analizzare o prevedere aspetti riguardanti il rendimento professionale, la situazione economica, la salute, le preferenze personali, gli interessi, l’affidabilità, il comportamento, l’ubicazione o gli spostamenti di detta persona fisica“.
Naturalmente la profilazione deve essere svolta utilizzando i soli dati strettamente necessari per la finalità indicata, nel rispetto dei principi di pertinenza e di proporzionalità.
Tutte le azioni che compiamo in rete ci identificano e consentono una indagine sull nostro profilo come cliente, collocandoci in un gruppo di comportamento piuttosto che un altro: i like, i prodotti che acquistiamo, i siti che visitiamo, il tempo che trascorriamo su un determinato social network, etc. (vedi anche articolo Web Reputation e Privacy: Non fare in rete ciò che non faresti nella vita reale!).
Anche Netflix studia i nostri comportamenti in rete per farsi “un’idea” su di noi: ma perché ad una piattaforma che ottiene il pagamento dell’abbonamento prima della sua effettiva fruizione dovrebbero interessare le nostre abitudini? La risposta è semplice: un cliente soddisfatto rimarrà un cliente più a lungo!
La personalizzazione del catalogo offerto al cliente
Come noto i titoli che propone la piattaforma di streaming americana sono davvero numerosi pertanto la profilazione consente la personalizzazione dell’offerta di contenuti.
Al pari di Facebook, Spotify, Youtube e Google, (per citarne alcuni a titolo esemplificativo) Netflix utilizza degli algoritmi che gli consentono di “affinare” tale diversificazione. L’algoritmo decodifica i comportamenti degli utenti, eseguendo delle operazioni piuttosto sofisticate che permettono di “customizzare” l’esperienza di ogni singolo utente, pertanto a tizio verranno suggeriti contenuti molto probabilmente differenti rispetto a quelli di Caio.
Persino le immagini (locandine “featured images”) associate ai titoli proposti sono frutto dei risultati degli algoritmi.
D’altronde questo tipo di “selezione personalizzata” del catalogo garantisce un servizio più efficiente, finalizzato alla soddisfazione dell’utente, per quanto possa risultare invasivo è certamente di grande aiuto per la nostra esperienza sulla piattaforma influendo notevolmente sul tempo impiegato per trovare una risorsa.
I parametri alla base di questa personalizzazione riguardano:
- l’appartenenza ad una fascia di pubblico individuata sulla base dell’età, del genere, della nazionalità, ovvero di tutte quelle informazioni fornite dall’utente in fase di iscrizione;
- la popolarità di un determinato prodotto (serie tv, film, documentario, etc.) in relazione ad una determinata fascia di utenti;
- il gradimento di un contenuto che può essere presunto (sulla base delle scelte che generalmente fa) o espresso dal singolo fruitore, mediante le valutazioni da questi effettuate.
Netflix dispone altresì di un tool “la mia lista” che consente di salvare i film/ documentari/ serie tv che stai seguendo, che hai già visto o che hai intenzione di guardare.
Anche questo strumento consente alla piattaforma di streaming di raccogliere le preferenze dell’utente al fine di circoscrivere le scelte da proporre in seguito, per essere il più possibile in linea con i suoi gusti personali.
In ogni caso, la profilazione viene impiegata per evidenti finalità di marketing poichè lo scopo a breve termine è senza dubbio quale film consigliare ma quello a lungo termine riguarderà addirittura quale film produrre/distribuire.
Detto ciò, Netflix per svolgere tali attività di raccolta di dati – che operano in background – deve ricevere il consenso dai propri utenti fornito sulla base della informativa della privacy.
Ma come direbbe il buon Antonio Lubrano: “La domanda sorge spontanea”. Dei quasi 140 milioni di utenti (nel mondo!) abbonati a Netflix quanti di questi hanno realmente preso visione della privacy policy?!
Nel caso vi fosse sfuggita, presi dalla foga di sfogliare il variegatissimo catalogo a disposizione, la potrete consultare a questo link di cui si suggerisce una attenta lettura.
D’altronde, se tutti vogliono i nostri dati è bene interrogarsi sul perché, e dalla informativa privacy emergono diversi aspetti spesso sottovalutati.
Le nuove prospettive: l’interattività
L’ultima frontiera della tv on demand riguarda l’interattività che ha portato una rivoluzione nella fruizione dei contenuti audiovisivi.
Netflix da un paio di anni sta sperimentando con i contenuti interattivi. Dapprima con programmi per bambini, negli ultimi mesi con due contenuti destinati anche agli adulti: il primo esperimento è stato “Black Mirror Bandersnatch”. Si tratta di un vero film interattivo nel quale l’utente decide come fare proseguire la storia di un nerd incaricato di realizzare un videogioco.
Quello più recente è una vera e propria serie interattiva intitolata “You and Wild”, che ha visto come protagonista il noto conduttore Bear Grylls, nella quale lo spettatore indirizza le scelte che quest’ultimo dovrà fare nel corso di prove di sopravvivenza nella natura più selvaggia.
L’innovazione sta nel fatto che lo spettatore svolge un ruolo chiave poiché le sue scelte influenzano il corso della storia con cui interagisce, decretando le sorti dell’esperienza. Tale interazione procura inevitabilmente delle reazioni emotive che vengono raccolte dalla piattaforma e dalla stessa archiviate.
Le informazioni che emergono nel corso dell’interazione quanto identificano il soggetto che la compie? Potrei, per esempio, volutamente prendere decisioni per fare fallire il protagonista o diversamente ponderarle per farlo “sopravvivere”.
Ma nonostante si nutrano evidenti dubbi sulla attendibilità di questi dati, ci si interroga se l’utente sia a conoscenza che le sue “reazioni” vengano immagazzinate in cloud. L’interattività mette a rischio i nostri dati?
E’ di tutta evidenza che questa nuova modalità di fruizione pone l’accento sulla questione della privacy.
Dalla lettura della informativa fornita da Netflix non si comprende se le informazioni raccolte nel corso dei film interattivi vengano utilizzate al di fuori della piattaforma stessa.
A tal proposito infatti è bene sapere che i dati raccolti da Netflix (come del resto da Facebook, da Google, etc.) vengono divulgati e trasferiti a terze parti. Tale aspetto rileva poiché tra gli attori terzi potrebbe esserci persino i governi.
L’analisi delle scelte effettuate dall’utente consentirebbe di delineare la sua personalità, nel bene e nel male. Tanto da poterlo identificare come un soggetto pericoloso e magari non gradito all’ingresso di un Paese?! Potrebbe questa diventare un’arma a doppio taglio?! Intrattenimento in cambio di informazioni?!
Sulla vicenda al momento non vi è una strada univoca, pertanto prima di urlare al complotto occorrerebbe riservarsi di osservarne l’evoluzione.
Per il momento si raccomanda sempre la visione della informativa della privacy e qualche attenzione in più sui consensi che prestiamo al trattamento dei nostri dati.
VP