La Riforma europea della Legge sul copyright nasce dall’esigenza di costruire un mercato unico digitale, che permetta di scambiare qualsiasi contenuto su tutto il continente attraverso internet ma nel rispetto del diritto d’autore.
L’Unione Europea sta lavorando alla riforma del copyright già dal settembre 2016, per consentire agli editori dei Paesi membri che la circolazione delle loro opere nel web venga retribuita.
La direttiva sulla tutela del diritto d’autore risulta articolata e complessa ed ha scatenato, sin da subito, reazioni contrastanti e polemiche. Trova infatti l’appoggio degli editori europei da una parte contro le accese proteste dei colossi dell’industria digitale dall’altra.
Nel complesso emergono forti preoccupazioni anche da parte di esponenti politici, piccoli e grandi imprenditori nonché di esperti del settore; a tal proposito, infatti, il testo di legge è stato rivisto più volte per cercare di trovare il favore di tutte le parti in gioco.
Destano particolari perplessità l’articolo 11, da alcuni denominato “Link tax” sulla remunerazione delle informazioni e delle news riprodotte, e l’articolo 13 sul controllo preventivo dei contenuti a garanzia del diritto d’autore.
L’articolo 11
Secondo l’art. 11 della Legge di riforma gli editori digitali possono pretendere una remunerazione da chiunque condivida o riproduca una notizia, utilizzando link e/o snippet.
Questa norma è diretta sostanzialmente alle grandi piattaforme (Youtube, Facebook, Google, Wikipedia, etc.) il cui scopo principale è quello di generare profitti fornendo l’accesso a contenuti coperti da copyright.
In quest’ottica la riforma, se approvata, obbligherebbe i giganti della rete a pagare le royalties agli editori, e in linea di principio non dovrebbe gravare sugli utenti. Il condizionale è d’obbligo!
Nel passato i siti di informazioni si iscrivevano agli “aggregatori di notizie” quali Google, Yahoo, etc., questi a loro volta citavano le notizie delle varie testate giornalistiche veicolando i click ai giornali iscritti, con un guadagno da entrambe le parti.
In seguito le piattaforme di aggregazione non si limitarono a citare le notizie, ma decisero di includere sempre più informazioni (inserendo una foto e lo snippet). Con lo snippet, all’atto pratico, gli utenti ottenevano tutti gli elementi per capire la notizia senza avere quindi necessità di approfondire, andando a leggere la fonte da cui proveniva.
La funzione dell’articolo 11 è quello di riportare equilibrio agli interessi in gioco.
Senza dubbio la norma muove da giuste intenzioni, se non fosse che i quotidiani minori, per esempio, sarebbero costretti a sottostare a condizioni contrattuali non sempre vantaggiose, il più delle volte dettate da giganti con un potere economico e contrattuale molto più forte.
Il timore è che il soggetto contrattualmente debole ne uscirebbe ancora più debole, situazione che non si presenterebbe invece per il grande gruppo editoriale, che “giocherebbe” ad armi pari con i grandi colossi digitali.
L’articolo 13
Il secondo punto della Riforma che non convince riguarda l’art. 13.
Attualmente infatti chiunque può caricare liberamente online contenuti, principalmente sulle piattaforme più note del web quali Facebook e Youtube. Nel caso in cui un soggetto rivendichi la paternità di un contenuto pubblicato o riprodotto senza il suo consenso può segnalarlo alla piattaforma, che provvede a rimuoverlo.
Alla stregua dell’art. 13 invece le piattaforme dovrebbero eseguire un controllo preventivo su ogni contenuto caricato dagli utenti, al fine di verificare che non vi sia alcuna violazione del diritto d’autore ed eventualmente, solo dopo tale verifica, renderlo disponibile online.
L’introduzione di questo meccanismo di filtraggio automatico avrebbe la funzione di combattere la pirateria.
Il timore che ne segue è che tale valutazione anticipata (affidata ad algoritmi) possa diventare uno strumento di censura vera e propria. Un controllo totale su tutto quello che viene pubblicato potrebbe risultare repressivo oltre che oneroso. Sorge infatti il problema dei costi dei filtri automatici, sostenibili esclusivamente dai grandi colossi tecnologici e sbarrerebbe la strada alle piccole realtà di condivisione di contenuti.
D’altronde una tale richiesta alle piattaforme digitali potrebbe trasformare Internet da piattaforma aperta per la condivisione e l’innovazione, in uno strumento per la sorveglianza e il controllo dei suoi utenti.
In buona sostanza si tratterebbe di invertire l’attuale regime europeo di responsabilità, in base al quale coloro che caricano contenuti su Internet hanno la responsabilità della sua legalità, mentre le piattaforme sono responsabili di rimuovere tali contenuti una volta che la loro illegalità sia stata portata alla loro attenzione.
Che ne sarà di Internet?
Ad oggi la paura più grande è che la rete possa non essere più libera. L’impatto è certamente inevitabile ma per capire in che misura Internet verrà stravolto dobbiamo attendere il prossimo 12 settembre quando, alla plenaria di Strasburgo, il Parlamento europeo tornerà a votare.
Senza dubbio, trattandosi di una direttiva, le regole di recepimento per ogni Stato membro possono essere adattate con un certo margine di discrezionalità, in vista dei diritti fondamentali quali la libertà di espressione e il diritto all’informazione.
E’ senz’altro un tema caldo e spinoso e l’imminente incontro degli Europarlamentari è stato fissato anche nella prospettiva di apportare nuovi ed opportuni emendamenti al testo della Riforma come attualmente formulato. Non ci resta che attendere.
VP