Non è vilipendio insultare la Polizia locale su Instagram

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Mandare a quel paese la polizia locale tramite Instagram non integra il reato di vilipendio delle forze armate, atteso che la polizia locale, anche se i suoi agenti sono dotati di armi da fuoco, non fa parte delle “forze armate”. A statuirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35328/2022.

Il fatto

Un minorenne pubblica sul proprio profilo Instagram una foto che lo ritrae dinanzi a una autovettura in uso alla polizia locale, accompagnata dalla dicitura “fuck the police”.

Una azione apparentemente innocua e superficiale fa sorgere un procedimento penale e il ragazzo viene accusato per il reato di “Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armateai sensi dell’art. 290 c.p.*

Il comportamento del giovane configurerebbe quindi una manifestazione di disistima, di dileggio nei confronti della polizia locale.

Il procedimento dinanzi alla Corte di Appello di Milano, sezione minorenni, conferma la sentenza resa dal G.u.p. del Tribunale per i minorenni di Milano all’esito di giudizio abbreviato, con la quale era stato dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato per intervenuta estinzione del reato a seguito della concessione del perdono giudiziale.

Avverso tale decisione il giovane ricorre per Cassazione.

Il ricorrente ribadiva l’irrilevanza del fatto, considerando che aveva ammesso sin da subito l’addebito, dichiarandosi dispiaciuto per la propria condotta, e che aveva effettuato un risarcimento simbolico in favore delle Forze dell’ordine. 

Peraltro dagli atti di indagine si evinceva che la caption riportata sul profilo Instagram era inserita in un contesto goliardico e inconsapevole, non essendo stato mosso l’imputato da alcuno scopo rivoluzionario nè denigratorio.

Oltretutto, in considerazione della occasionalità della condotta accertata, lo stile di vita dell’imputato – il quale frequentava regolarmente le scuole superiori e in estate svolgeva attività lavorativa di bagnino – nonché il contesto familiare nel quale era inserito – i genitori avevano disapprovato quanto scritto dal figlio – era possibile affermare con certezza che non vi era alcun rischio di recidivanza della condotta.

La decisione della Corte di Cassazione

Con la sentenza n. 35328 depositata il 22 settembre 2022, la sez. I penale della Suprema Corte accoglie il ricorso del minorenne.

In particolare, sottolinea che la Polizia locale di un Comune non possiede la qualifica di “forza armata“, anche se sono in dotazione degli agenti della polizia municipale armi da fuoco.

In Italia le forze armate sono costituite dall’Esercito, dalla Marina militare, dall’Aeronautica militare. L’Arma dei Carabinieri ha assunto tale qualifica con il D.Lgs. 5 ottobre n. 297, n. 297.

Gli altri corpi militari dello Stato e le forze di polizia civili non possiedono tale qualifica, che costituisce elemento normativo indispensabile richiesto dalla fattispecie di cui all’art. 290 c.p.

Ciò detto, un fatto commesso con riferimento alla polizia locale, che non è nemmeno un reparto militare, non può integrare, di conseguenza, il reato di vilipendio alle forze armate.

Per tali ragioni, la prima sezione penale della Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata, poiché il fatto di reato così come contestato non sussiste.

Conclusione

Ebbene, alla luce di quanto statuito dalla Suprema Corte emerge che a nulla rileva Il tono di scherno impiegato dal ragazzo, laddove il soggetto insultato non appartenga alle forze armate.

La Polizia locale, invero, è priva della qualifica che costituisce l’elemento normativo essenziale richiesto dal Codice penale all’art. 290.

Il reato di vilipendio politico tutela il prestigio delle istituzioni costituzionali e delle forze armate. A ben vedere, il vilipendere non si identifica con la mera critica, anche aspra, nei confronti delle istituzioni, ma unicamente con la critica che ecceda i limiti di decoro e correttezza e del prestigio delle stesse.

Peraltro tale critica deve possedere il carattere della pubblicità: ricusare qualsiasi valore etico, sociale o politico all’entità contro cui è diretta la manifestazione, così da negarle ogni prestigio, rispetto e fiducia, per indurre terzi alla disistima delle istituzioni o persino a capricciose disobbedienze.

In conclusione, è di tutta che la statuizione degli ermellini non legittima offese pubbliche perpetrate a mezzo social, posto che una ipotetica dimostrazione di disprezzo nei confronti di soggetti non appartenenti alla forze armate potrà configurare, qualora ne sussistano i presupposti, altra fattispecie criminosa.

VP

Note: * [Art. 290 c.p. “Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte costituzionale o l’ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze Armate dello Stato o quelle della liberazione.”]

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