Pubblicare sui social foto con targhe di veicoli altrui è legale?

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Quante volte ti è capitato di perdere la pazienza dinnanzi all’ennesimo parcheggio abusivo, magari sul marciapiede, dinanzi ad un passo carrabile, in doppia fila o in un posto destinato ai disabili?
E quante volte ti è capitato di assistere a manovre azzardate o infrazioni evidenti mentre sei alla guida?

Sei sopraffatto dal senso di giustizia e la tentazione di rendere pubblico il fattaccio – più che altro per trovare sostegno (nel linciaggio al furbetto) da amici, parenti, condomini e vicini – è sempre molto forte.

Denunciare il fatto sui social media dà infatti la precaria sensazione di punire il trasgressore, metterlo in piazza con l’auspicio che si penta e che non reiteri nella violazione del codice stradale.

Per quanto comprensibile l’indignazione e il desiderio di legalità talvolta occorre fare un passo indietro (se ciò non fosse sufficiente anche contare fino a 100) e valutare le possibili conseguenze.

Innanzitutto, se decido di postare una immagine che ritrae il veicolo incriminato si pone il problema della visibilità della targa.

Come noto, la funzione della targa è quella di identificare il mezzo e naturalmente il suo proprietario.

Dal numero di targa è possibile ricostruire tutta la storia del veicolo e tutte le vicende che lo hanno interessato: sinistri, fermi amministrativi, sequestri, pignoramenti, passaggi di proprietà, etc.

Questa funzione di riconoscimento della targa è necessaria alla polizia e alle altre forze dell’ordine ma anche ai privati.

Peraltro tutte le informazioni relative ad un veicolo (numero di targa incluso) sono pubbliche e facilmente reperibili da chiunque poiché sono conservate presso il Registro pubblico automobilistico (PRA).

Non si tratta quindi di dati secretati poiché è sufficiente conoscere la targa di un veicolo per conoscerne l’intestatario.

Ai sensi del GDPR all’art. 4, p.to 1), per dato personale si intende: “qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile (interessato); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale.”

Per intenderci, un dato anche di dominio pubblico ma in grado di individuare un determinato soggetto (ovvero che consenta di distinguere un individuo da qualsiasi altro proprio mediante quel dato) è a tutti gli effetti un dato personale.

Dalla definizione fornita dal Regolamento, come precisato anche dal Garante della Privacy, emerge chiaramente che la targa rientra nel novero dei dati personali, per la sua attitudine a risalire all’intestatario del veicolo.

Ciò premesso, la diffusione online di un dato personale, senza i presupposti di legge, configura profili di violazione delle norme sulla protezione dei dati personali.

Come noto, il trattamento dei dati personali deve trovare fondamento su una base giuridica, generalmente il consenso, e accompagnato da una informativa che consenta all’interessato di conoscere chi, come, quando e per quali finalità tale trattamento verrà effettuato.

In difetto di tali adempimenti il trattamento è illecito e l’interessato, in qualità di titolare dei dati, potrà anche promuovere un’azione legale per ottenere la rimozione delle immagini ed il risarcimento del danno subìto.

Fuori dall’ambito della responsabilità civile, l’illecito è addirittura di natura penale se si dimostra che la pubblicazione voleva arrecare un danno o ottenere un ingiusto profitto.

E ancora, alla violazione della privacy si aggiunga che corredare le foto di commenti offensivi integra il reato di diffamazione ex art. 595 c.p., peraltro nella sua forma aggravata.

Il linguaggio delle piattaforme online assume sempre più spesso forme discutibili, si sfocia agevolmente nel cd. Hate speech (Leggi anche Hate Speech Online: lo scenario giuridico), caratterizzato da una comunicazione audace, denigratoria, aggressiva, senza mezze misure.

Questa modalità, ormai consueta, di espressione non è scevra di conseguenze:  non è accettabile né deve essere trascurata. Come nella realtà anche in rete diffamare, screditare la reputazione altrui integra un delitto punito dal nostro codice penale.

In ultimo, è bene considerare prima di postare uno scatto l’eventuale presenza di terze persone, es. passanti, anche minori, etc. che si troverebbero in rete a loro insaputa, ma anche di altri mezzi magari regolarmente in sosta.

In conclusione, il fine senz’altro lodevole di denunciare un abuso e di contrastare il malcostume accompagnato da un profondo senso civico – che ciascun cittadino dovrebbe peraltro possedere – presenta dei limiti che si configurano nel rispetto della privacy e della reputazione altrui.

Il diritto di manifestare pubblicamente la propria riprovazione per i comportamenti altrui non conformi alla legge e alle norme della civile convivenza non legittima, infatti, la “pubblica accusa” rivolta a persone identificate o identificabili quali autori delle infrazioni.

L’accertamento di tali condotte infatti, spetta esclusivamente alle autorità competenti, la cui eventuale inerzia non giustifica una supplenza da parte dei privati.

Affinché la pubblicazione di simili documenti permanga all’interno dei confini di liceità, è pertanto necessario provvedere, prima della pubblicazione, all’oscuramento/occultamento di ogni dato personale (targa, ritratti di persone, etc.).

Di contro, inviare le fotografie alle autorità competenti, al fine di segnalare le infrazioni altrui, è condotta lecita. L’invio esclusivo e riservato alle autorità amministrative competenti costituisce infatti esercizio della facoltà, riconosciuta ad ogni persona, di segnalare gli illeciti di cui sia venuto a conoscenza. Si tratta di comunicazione di dati altrui ad amministrazioni pubbliche, in quanto tali obbligate alla riservatezza e all’utilizzo degli stessi nei limiti imposti dalla legge.

Per tale ragione fotografare la targa di un veicolo altrui, per eccesso di zelo ma anche solo per distrazione, non integra di per sé alcun illecito ma pubblicarla sui social sì e comporta delle severe conseguenze.

In ogni caso le strade percorribili, prima di finire in un’aula di tribunale, sono molteplici. Quelle più immediate sono la richiesta alla piattaforma della rimozione del contenuto e la segnalazione al Garante della Privacy.

VP

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